domenica 11 novembre 2012
CAPITOLO X
La mattina Francesca appariva in piena forma, carica di energie nel suo delicato baby-doll di seta color cipria e pizzo.
Decise di recarsi al Louvre e si rese elegante e bellissima con l'intenzione di presentarsi degna della magnificenza delle grandi opere d'arte. Camminava a passo volutamente leggero nella tiepida giornata di sole lungo il Pont Neuf, il più antico e celebre ponte di Parigi, distinto in due tronchi che collegano l'Île de la Cité, il nucleo più antico di Parigi, dove sorge la Cathédrale di Notre-Dame, con le opposte rive della Senna. Notò un pittore intento a dipingere il paesaggio circostante e, più in là, un bellissimo uomo intento a guardare vagamente lontano e le venne il desiderio di conoscerlo.
Si avvicinò: «Devo andare al Louvre, come ci arrivo?».
Stéphane de Régard, alto e biondo, da pochi mesi rientrato a Parigi dopo un lungo soggiorno a Johannesburg dove il padre costruiva autostrade, lavorava nel cinema come organizzatore di festival. Evidentemente colpito dalla bellezza trafittiva di lei, «Se vuoi, ti accompagno», esclamò.
Si separarono davanti al Museo con la reciproca promessa d'incontrarsi ancora, intesi che lui avrebbe telefonato. Francesca desiderava visitare il Museo da sola, godere, senza interferenze, della bellezza dell'arte, tesa in un egoistico rapporto fisico con ogni singola opera. Non avrebbe voluto, né potuto, destinare l'attenzione su due fronti e, comunque, ogni altra figura, seppur concreta, diveniva astratta se paragonata alla solennità e all'incanto da assaporare. L'opera d'arte è viva, eterna, parlante. All'entrata fantasticò di vedere Filippo II Augusto mentre posava simbolicamente la prima pietra del palazzo che per secoli fu residenza dei re di Francia. Francesca avanzava mitigando i passi pesanti, dolce e pensierosa. Percettiva e comprensiva, nel silenzio magico dell'incontro con l'arte, la sua contemplazione si riposava e l'estasi, germogliando a poco a poco, si stemperava nell'anima illuminata dalla magnificente luce. Avvezza e competente ascoltava la parola
pittorica e ricordava Eugène Delacroix che vedeva la prima qualità di un quadro nella gioia per l'occhio. Al Louvre Francesca amò Géricault, Jacques-Louis David, Manet, Renoir, Botticelli. Visitò nell'ampia sala a lei dedicata Monna Lisa, la Gioconda, chiusa nella teca di vetro, controllata da sofisticati congegni, bellissima e quieta nella sua immobilità. Le fece visita come a una fedele amica che ci offre, con la sua presenza calma, il riparo delle sue certezze. Francesca aveva imparato a godere dell'opera d'arte che offre a chi l'ammira un senso di appagamento, di gioia, come un buongustaio che gusti una squisitezza. Pianse di commozione davanti alle gigantesche tele di Nicolas Poussin, ammirò golosa gli ori degli Egizi.
Nei tempi che seguirono fu più volte al Louvre ed esso divenne per lei il luogo ideale per la meditazione e il sogno.
Nei giri parigini en plein air, nella pazza folla, con la sua bella copia di «Le Monde», le sembrava di assistere alla storia francese e, attraverso l'esposizione maestosa dei monumenti, di vedere i personaggi illustri che l'avevano rappresentata. Ecco la Bastiglia possente e massiccia, vuota di colpevoli politici; laggiù il re Luigi XVI era stato ghigliottinato e, più in là, a Place de l'Étoile, l'Arco di Trionfo voluto da Napoleone. Laggiù Antonio Canova intento a dipingere Napoleone e, più in là, Place Vendóme con la robusta colonna intarsiata, emblema del lusso parigino.
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Vedeva l'ingegnere Eiffel impegnato nel progetto della celebre Tour, e i Campi di Marte, una volta vasta area riservata alle manovre militari, ora magnifico giardino con amplissimi viali ornati di aiuole, fontane e cascatelle artificiali.
Francesca fu spesso al Musée d'Orsay, sulla riva sinistra della Senna, di fronte ai giardini delle Tuileries, il monumentale parco settecentesco del Louvre. Il complesso monumentale di cui faceva parte presentava sedici ascensori e dieci scale mobili, una fornitissima biblioteca e due ristoranti con larghe vetrate che guardavano ai tetti di Parigi. Al Musée d'Orsay, Francesca fu impressionata fortemente da una gigantesca tela di Gustave Courbet al centro della quale si vedeva lo stesso pittore intento a dipingere un paesaggio e, ai suoi lati, nella fosca penombra dell'atelier, una trentina di personaggi divisi in due gruppi. A sinistra era evidenziata la massa sociale non abbiente, popolata di balordi e sfaccendati che rivelavano la propria condizione negli sguardi tristi e vagamente pensierosi. Alla destra, in simmetrica contraddizione, c'era il gruppo colto che incarnava i sogni e le allegorie con l'amore, la letteratura, la filosofia. Accanto all'artista, al centro, la Verità nuda che sovrintendeva tenera all'elaborazione dell'opera e, di fronte, un bimbo vestito miseramente che completava la Verità, innocente oltre che nuda. Francesca vedeva se stessa in quella nudità esente da malizia, priva di sovrastrutture meschine e compromessi di sorta, lontana dalla mediocrità, attratta dallo scibile e il bimbetto era la sua innocenza infantile palese in quella tela ma che lei custodiva gelosamente dentro di sé. <>
venerdì 15 aprile 2011
COMUNICATO STAMPA LE INUTILI APPARENZE di RITA BELLACOSA
Dal 12 marzo in libreria
LE INUTILI APPARENZE
di Rita Bellacosa
Formato 14x21 rilegato
Pagine 188
Prezzo € 19,00
Isbn 88-7937-439-7
Ean 978-88-7937-439-2
Francesca, la protagonista, è una donna bellissima e colta, che ha deciso di conquistare il successo.
L’arrivo a Roma segna per questa giovane sensuale e spavalda l’inizio di un lungo viaggio catartico alla ricerca di se stessa, ricco di emozioni e di sorprese.
L’approdo in un mondo nuovo e spregiudicato, la memoria di quello lasciato, solido e sicuro, la frequentazione di personaggi famosi e potenti, che la lusingano con il loro non celato desiderio: tutto concorre a far sì che, nella sua corsa frenetica verso il successo, presente, passato e futuro si intreccino incessantemente, stimolando il suo animo battagliero e la sua ambizione.
La sua sfida è quella di affermarsi in questo mondo rimanendo incorrotta nell’anima.
Non sarà facile. Ma sempre più si rafforza in lei la convinzione che la vittoria è possibile.
E questo, soltanto questo, è ciò che conta.
Le apparenze, in quanto tali, sono inutili…
Rita Bellacosa vive tra Roma e Parigi. Si occupa di filologia, archeologia e cinema. È attivamente impegnata in cause umanitarie in collaborazione con organismi internazionali.
In copertina:
Gustave Courbet, L’Atelier du peintre (“La bottega del pittore”), 1855, olio su tela, cm. 361 x 598.
Parigi, Musée d’Orsay.
LE INUTILI APPARENZE
di Rita Bellacosa
Formato 14x21 rilegato
Pagine 188
Prezzo € 19,00
Isbn 88-7937-439-7
Ean 978-88-7937-439-2
Francesca, la protagonista, è una donna bellissima e colta, che ha deciso di conquistare il successo.
L’arrivo a Roma segna per questa giovane sensuale e spavalda l’inizio di un lungo viaggio catartico alla ricerca di se stessa, ricco di emozioni e di sorprese.
L’approdo in un mondo nuovo e spregiudicato, la memoria di quello lasciato, solido e sicuro, la frequentazione di personaggi famosi e potenti, che la lusingano con il loro non celato desiderio: tutto concorre a far sì che, nella sua corsa frenetica verso il successo, presente, passato e futuro si intreccino incessantemente, stimolando il suo animo battagliero e la sua ambizione.
La sua sfida è quella di affermarsi in questo mondo rimanendo incorrotta nell’anima.
Non sarà facile. Ma sempre più si rafforza in lei la convinzione che la vittoria è possibile.
E questo, soltanto questo, è ciò che conta.
Le apparenze, in quanto tali, sono inutili…
Rita Bellacosa vive tra Roma e Parigi. Si occupa di filologia, archeologia e cinema. È attivamente impegnata in cause umanitarie in collaborazione con organismi internazionali.
In copertina:
Gustave Courbet, L’Atelier du peintre (“La bottega del pittore”), 1855, olio su tela, cm. 361 x 598.
Parigi, Musée d’Orsay.
domenica 25 ottobre 2009
RITA BELLACOSA su 055news.it 24/10/2009
Si può arrivare al successo rimanendo incorrotti nell’anima? La bellezza può essere d’ingombro all’ affermazione della bravura? Può l’appoggio di un “ pezzo grosso ” essere determinante persino più del Talento? A queste domande la scrittrice Rita Bellacosa, risponde con “ LE INUTILI APPARENZE ”, bel romanzo che si appresta a diventare un classico della letteratura moderna e che, di sicuro, è specchio del costume contemporaneo. Francesca, la protagonista, è una giovane donna colta e bellissima, determinata nella corsa verso il Successo. Arriva a Roma dove si imbatte in uomini potenti e spregiudicati i quali, soggiogati dalla sua spavalda avvenenza, le promettono una carriera facile e veloce. Arduo decidere di opporre a tale allettante prospettiva il proprio orgoglio ma quanto può essere gratificante il successo ottenuto grazie alla sola bellezza? Quanto vale se impone, in una sorta di tacita mutualità, di vendersi l’anima? Così la bellezza risulta un limite in una società che non premia il talento ma la rappresentazione, a volte patetica, di personaggi mediocri venuti alla ribalta grazie ad una specie di transazione umana in cui vige il principio del “ do ut des ” . E la bellezza da apparente vantaggio si muta in realtà prevaricante che accantona il talento. Corrompendo l’anima. Un monito per tante ragazze che inseguono le luci della ribalta perdendo se stesse per l’ espace d’ un instant. L’opera trabocca di colpi di scena e di situazioni piccanti ed anche, talvolta, ai confini , sapientemente costruiti, dello stucchevole. Tutto in una prosa erudita dai forti echi manzoniani. LOOKING FOR SUCCESS
Can a beautiful woman be reached the success being uncorrupted in the soul? Can the beauty be of encumbrance to the affirmation of the cleverness? Can the support of a " big " piece be conclusive more than the Talent even? To these questions the writer Rita Bellacosa answers with " The Useless Appearances ", beautiful novel that is prepared to become a classical some modern literature and that, of sure, she is mirror of the contemporary custom. Francesca, the protagonist, is a young cultured and very beautiful woman, determined in the run toward the Success. It arrives to Rome where he comes upon in powerful and unprejudiced men which, subjugated by her bold attractiveness, they promise her an easy and fast career. Arduous to decide to oppose his own pride to such tempting perspective but how much can gotten success be gratifying thanks to the only beauty? How much it is worth if it imposes, in a sort of tacit mutuality, to sell the soul? This way beauty results a limit in a society that doesn't reward the talent but the representation, at times pathetic, of mediocre characters come to the footlights thanks to a kind of human transaction in which the principle of the " is in force I give if you give ". And the beauty from apparent advantage he changes in hard reality that sets aside the talent. Contaminating the soul. A warning for so many girls that pursue the lights of the footlights losing if same for the espace d' an instant. The work overflows of sensations and of spicy situations and also, sometimes, to the confinements, wisely built, of the nice. All in a prose instructed by the strong Manzoni’s wind.
Si può
Si può arrivare al successo rimanendo incorrotti nell’anima? La bellezza può essere d’ingombro all’ affermazione della bravura? Può l’appoggio di un “ pezzo grosso ” essere determinante persino più del Talento? A queste domande la scrittrice Rita Bellacosa, risponde con “ LE INUTILI APPARENZE ”, bel romanzo che si appresta a diventare un classico della letteratura moderna e che, di sicuro, è specchio del costume contemporaneo. Francesca, la protagonista, è una giovane donna colta e bellissima, determinata nella corsa verso il Successo. Arriva a Roma dove si imbatte in uomini potenti e spregiudicati i quali, soggiogati dalla sua spavalda avvenenza, le promettono una carriera facile e veloce. Arduo decidere di opporre a tale allettante prospettiva il proprio orgoglio ma quanto può essere gratificante il successo ottenuto grazie alla sola bellezza? Quanto vale se impone, in una sorta di tacita mutualità, di vendersi l’anima? Così la bellezza risulta un limite in una società che non premia il talento ma la rappresentazione, a volte patetica, di personaggi mediocri venuti alla ribalta grazie ad una specie di transazione umana in cui vige il principio del “ do ut des ” . E la bellezza da apparente vantaggio si muta in realtà prevaricante che accantona il talento. Corrompendo l’anima. Un monito per tante ragazze che inseguono le luci della ribalta perdendo se stesse per l’ espace d’ un instant. L’opera trabocca di colpi di scena e di situazioni piccanti ed anche, talvolta, ai confini , sapientemente costruiti, dello stucchevole. Tutto in una prosa erudita dai forti echi manzoniani. LOOKING FOR SUCCESS
Can a beautiful woman be reached the success being uncorrupted in the soul? Can the beauty be of encumbrance to the affirmation of the cleverness? Can the support of a " big " piece be conclusive more than the Talent even? To these questions the writer Rita Bellacosa answers with " The Useless Appearances ", beautiful novel that is prepared to become a classical some modern literature and that, of sure, she is mirror of the contemporary custom. Francesca, the protagonist, is a young cultured and very beautiful woman, determined in the run toward the Success. It arrives to Rome where he comes upon in powerful and unprejudiced men which, subjugated by her bold attractiveness, they promise her an easy and fast career. Arduous to decide to oppose his own pride to such tempting perspective but how much can gotten success be gratifying thanks to the only beauty? How much it is worth if it imposes, in a sort of tacit mutuality, to sell the soul? This way beauty results a limit in a society that doesn't reward the talent but the representation, at times pathetic, of mediocre characters come to the footlights thanks to a kind of human transaction in which the principle of the " is in force I give if you give ". And the beauty from apparent advantage he changes in hard reality that sets aside the talent. Contaminating the soul. A warning for so many girls that pursue the lights of the footlights losing if same for the espace d' an instant. The work overflows of sensations and of spicy situations and also, sometimes, to the confinements, wisely built, of the nice. All in a prose instructed by the strong Manzoni’s wind.
Si può
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